Il problema del riscaldamento delle acque, delle malattie degli animali e dell’elevato tasso di mortalità. I numeri impressionanti
Decine e decine di salmoni galleggiano morti sulla superficie dell’acqua, confinati nella maggior parte delle grandi gabbie che abbiamo di fronte. Ci troviamo a fianco di un allevamento di salmoni della multinazionale norvegese Mowi, nel Loch Torridon, lungo la costa della Scozia occiedentale.
Siamo arrivati qui alle prime luci dell’alba accompagnati da un attivista locale, a bordo di un piccolo gommone, per valutare in modo indipendente le condizioni degli allevamenti di salmoni in Scozia, che negli ultimi anni sono finiti sotto la lente di ingrandimento delle autorità e di parte della popolazione locale per l’inquinamento ambientale, le condizioni di benessere degli animali e per l’impatto di questa produzione sui salmoni selvatici.
Quello che troviamo in questo allevamento conferma alcune criticità: l’elevata mortalità dei salmoni negli ultimi anni ha colpito duramente gli allevamenti in Scozia, ed è un indicatore di problemi che riguardano il benessere animale, la presenza di parassiti (pidocchi di mare) o di altre patologie.
“Abbiamo avuto delle difficoltà negli ultimi due anni”, afferma Andrew Watson, responsabile della comunicazione per l’associazione dei produttori Salmon Scotland, che incontriamo alcuni giorni prima nel suo ufficio a Edimburgo. “Abbiamo avuto livelli alti di mortalità, e questo dipende in gran parte dall’aumento delle temperature del mare che hanno portato fitoplancton, zooplancton, infiorescenze algali e micro meduse” che possono recare danni ai salmoni, fino a portarli alla morte.
Secondo i dati pubblicati dal governo scozzese, basati su report mensili forniti dall’industria, nel 2023 sono morti 17.4 milioni di salmoni negli allevamenti Scozzesi, con una mortalità che si è attestata intorno al 31 per cento della produzione annuale. Un anno nero che ha superato anche il record di 17.2 milioni già segnato nel 2022.
Uno dei report mensili sulla mortalità fa riferimento all’allevamento che abbiamo visitato, dove nel solo mese di settembre è morto il 6% dei salmoni (la capacità totale è di oltre 2500 tonnellate, ovvero indicativamente mezzo milione di salmoni) per problemi legati “alla salute delle branchie”.
Il salmone scozzese sotto inchiesta
L’elevato tasso di mortalità negli allevamenti scozzesi è stato uno dei temi al centro di un’inchiesta di un comitato parlamentare (il Rural Economy and Connectivity Committee), che ha indagato la situazione dell’industria della produzione del salmone in Scozia nel 2018.
Dopo alcuni mesi di indagini, il comitato ha pubblicato un rapporto con 65 raccomandazioni, chiedendo di non permettere alcuna espansione della produzione di salmone in Scozia prima di aver risolto i problemi di inquinamento, legati alla produzione di materia organica e all’utilizzo di sostanze chimiche, le infestazioni di parassiti, che danneggiano la fauna selvatica, e l’elevata mortalità negli allevamenti.
Il comitato “ha stabilito che l’industria ha problemi ambientali e di benessere animale, e non dovrebbe espandersi prima di aver risolto questi problemi”, afferma Rachel Mulrenan, direttrice dell’Ong WildFish in Scozia. Nel 2018 “abbiamo avuto queste raccomandazioni molto forti dal parlamento, ma l’industria continua a crescere,” ha detto Mulrenan.
Dal 2018 ad oggi la produzione di salmone in Scozia è aumentata, passando da 156,000 tonnellate alle 185,000 tonnellate previste per il 2024. A trainare gli investimenti, che si traducono nella creazione di nuovi allevamenti e nell’espansione di quelli esistenti, è la forte domanda legata all’export, con la Francia che rappresenta di gran lunga la principale destinazione (12% dell’export), e una richiesta in crescita da Germania, Spagna e Italia e altri mercati extra UE come gli Stati Uniti e la Cina.
Proprio facendo riferimento all’export, a settembre l’industria ha chiesto al primo ministro scozzese John Swinney di attivare il governo per semplificare l’iter per l’ottenimento di nuove licenze.
“Possono volerci anni per avere una licenza per degli allevamenti di salmone, è troppo,” ha detto Watson. Secondo il portavoce dell’organo di rappresentanza dell’industria “abbiamo del denaro che è pronto per essere investito qui in Scozia, pronto per creare nuovi siti,” ma “il rischio è che, se il governo non si muove rapidamente, questi investimenti potrebbero andare altrove, dove ci sono governi più rapidi. È una competizione globale per il capitale,” ha detto Watson.
Intanto a maggio di quest’anno una seconda commissione parlamentare (il Rural Affairs & Islands Committee – in acronimo RAI) ha avviato una nuova inchiesta, per valutare in che modo l’industria abbia fatto passi in avanti rispetto ai problemi riscontrati nel 2018. Il comitato non ha ancora pubblicato le sue conclusioni, ma l’inchiesta è già al centro di alcune polemiche.
“Siamo sconcertati nell’apprendere che la commissione RAI abbia ritenuto necessario avviare questa verifica adesso,” ha scritto in una lettera al comitato Tavish Scott, direttore dell’associazione di produttori Salmon Scotland. “Non capiamo perché la nostra industria, che non riceve soldi pubblici, debba essere attenzionata in questo modo,” ha scritto Scott.
Secondo Scott, l’industria dal 2018 ad oggi ha investito 2 miliardi di sterline per ridurre la mortalità dei salmoni e migliorare le condizioni di allevamento, ottenendo nel 2024 risultati migliori rispetto agli anni precedenti – grazie anche a un’annata migliore per le temperature del mare.
Di diverso avviso il mondo delle ong, che nelle scorse settimane ha denunciato un problema di trasparenza. Il 23 settembre i membri della nuova inchiesta parlamentare hanno visitato un allevamento a Dunstaffnage, in Scozia occidentale, di proprietà dell’azienda Scottish Sea Farm (sussidiaria delle multinazionali norvegesi SalMar e Lerøy). L’associazione animalista Animal Equality UK ha ripreso segretamente per giorni l’allevamento in questione, documentando la rimozione di una grande quantità di salmoni morti, avvenuta soltanto poche ore prima del sopralluogo dei parlamentari.
“La morte di centinaia di pesci non è nemmeno finita nei report ufficiali,” ha detto al Corriere Abigail Penny, direttore esecutivo di Animal Equality UK. “Sulla base delle prove fornite oggi, è chiaro come il sole che il settore continua a lottare con molte delle stesse sfide che ha dovuto affrontare nel 2018 ed è totalmente impreparato anche per gli effetti sempre più gravi del cambiamento climatico,” ha detto Penny.
Scottish Sea Farms ha replicato all’ong, dicendo che “la rimozione dei pesci morti o in fin di vita” era una procedura di routine, non correlata alla visita della commissione: “Questa è una parte essenziale del nostro lavoro, è qualcosa che facciamo quotidianamente ovunque le condizioni lo consentano, indipendentemente dal fatto che ci sia in programma o meno una visita all’allevamento,” ha detto Ralph Bickerdike, responsabile della salute e del benessere dei pesci per l’azienda.
Consapevolezza tra i consumatori
Mulrenan solleva un tema di scarsa consapevolezza nel mondo dei consumatori rispetto alle problematiche che da anni affliggono l’industria del salmone, in particolare in Scozia, anche a causa di certificazioni e etichette di qualità o di benessere animale fallaci. “Il salmone scozzese in particolare è commercializzato con delle immagini abbastanza ingannevoli, spesso ci sono delle foto di salmone selvatico che salta, o dei loch incontaminati,” ha detto. “Le aziende promuovono molto l’ambiente, la natura, cose che ironicamente la stessa industria sta distruggendo.”
Intanto un sondaggio pubblicato nelle scorse settimane da Compassion in World Farming e Eurogroup for Animals ha rilevato che il 91% dei cittadini intervistati in diversi Paesi dell’UE ritiene che “il benessere dei pesci debba essere tutelato nella stessa misura o in misura maggiore rispetto agli altri animali allevati a scopo alimentare,” un risultato che stride con i milioni di esemplari che muoiono prematuramente nelle gabbie scozzesi a causa di malattie e parassiti.
“Nonostante siano allevati a miliardi, a dispetto degli studi approfonditi che evidenziano la loro senzienza e nonostante la richiesta dei cittadini di maggiori tutele, i pesci continuano a essere trascurati,” ha detto Reineke Hameleers, direttrice di Eurogroup for Animals. “Ci aspettiamo che l’imminente revisione della legislazione europea sul benessere animale includa misure specie-specifiche, al fine di tutelare le loro esigenze e migliorare in modo significativo gli standard di benessere nell’acquacoltura dell’UE.
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