Nel 2022 sono andate perse 1,05 miliardi di tonnellate di cibo, equivalente a un quinto di tutto il cibo disponibile, tra ambienti domestici, servizi di ristorazione, distribuzione e vendita.
Un miliardo di pasti al giorno sono finiti nella spazzatura nell’arco del 2022, mentre 783 milioni di persone nello stesso anno soffrivano la fame e circa un terzo dell’umanità era alle prese con problemi di insicurezza alimentare.
I numeri aggiornati dello spreco alimentare sono stati pubblicati oggi dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, che ha pubblicato la nuova edizione del suo rapporto Food Waste Index 2024, in vista della giornata internazionale contro gli sprechi, il prossimo 30 marzo.
“Lo spreco alimentare è una tragedia globale,” ha detto il direttore esecutivo di UNEP Inger Andersen. “E’ un tema che riguarda lo sviluppo, ma le conseguenze di questo spreco inutile colpiscono il clima e la natura.”
Il rapporto spiega che il “costo” dello spreco alimentare riguarda un tema etico – buttare il cibo mentre una larga fetta della popolazione mondiale soffre la fame – ma anche temi climatici e ambientali.
“Lo spreco alimentare genera tra l’8 e il 10 percento delle emissioni di gas a effetto serra, ed è una fonte molto rilevante di emissioni di metano,” ha detto Clementine O’Connor, portavoce del team del sistema alimentare dell’Unep, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto.
Secondo il documento, inoltre, lo spreco ha un forte impatto sulla biodiversità, dato che impegna “l’equivalente di circa un terzo delle terre coltivabili” e produce una perdita economica globale di mille miliardi di dollari l’anno.
Lo spreco dentro casa
Secondo l’Unep nel 2022 nel mondo sono finite nella spazzatura 1.05 miliardi di tonnellate di cibo, equivalente a un quinto di tutto il cibo disponibile, tra ambienti domestici, servizi di ristorazione, distribuzione e vendita. Proprio le mura di casa sarebbero responsabili della maggior parte dello spreco (631 milioni di tonnellate), seguiti dalla ristorazione (290 milioni) e dai canali di vendita (131 milioni).
“In media, ogni persona spreca 79 kg di cibo l’anno,” si legge nel report. “Nel mondo ogni singolo giorno l’equivalente di almeno un miliardo di pasti di cibo perfettamente edibile viene sprecato.”
I numeri non rilevano grandi differenze tra lo spreco nei paesi ricchi e nei paesi con minori livelli salariali (una forbice di 7 kg pro capite l’anno). Lo spreco è maggiore nei Paesi caldi, probabilmente a causa di un consumo superiore di cibi freschi più deperibili, e per una maggiore esposizione a eventi di caldo estremo, che rendono più complicata la conservazione, il trasporto, la vendita di derrate alimentari. Un’altra distinzione riguarda le aree urbane, più esposte allo spreco rispetto alle aree rurali.
L’Italia non figura benissimo all’interno del rapporto: tra i Paesi europei, è seconda classificata per la quantità di spreco domestico (quasi 110 kg pro capite l’anno) dietro soltanto al Portogallo (oltre 120 kg).
Obiettivi di sviluppo
La riduzione dello spreco alimentare è uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, che punta a dimezzare il problema entro il 2030, concentrandosi in particolare sugli sprechi a livello di distribuzione e di ristorazione.
Anche l’Ipcc, il panel di esperti di cambiamento climatico delle Nazioni Unite, da anni indica l’urgenza di ridurre gli sprechi tra le azioni di contrasto al riscaldamento globale: “Cambiamenti nella domanda [alimentare], come l’adozione di diete salutari e sostenibili, insieme alla riduzione dello spreco alimentare, possono contribuire a ridurre la richiesta di terre utilizzate per la produzione agricola,” scrive il gruppo di esperti nel suo rapporto dedicato al consumo di suolo.
Secondo il nuovo report di Unep, però, molti Paesi ancora non hanno sistemi efficienti di monitoraggio degli sprechi, e al 2022 soltanto 21 Paesi al mondo hanno definito obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari dentro i propri Piani nazionali per il clima. Tra questi, il Giappone e il Regno Unito hanno ottenuto i risultati migliori, con riduzioni del 31 e del 18 percento rispetto al biennio precedente.
Per l’Italia, i dati utilizzati dal report sono raccolti da Eurostat, ma mancano completamente i numeri dello spreco prodotto da ristoranti, mense e altri servizi di ristorazione, a causa -si legge- “della carenza di informazioni disponibili”.
“Lavoriamo insieme all’Unep per spingere altri Paesi del G20 a misurare il proprio spreco alimentare,” ha detto Harriet Lamb, direttore esecutivo di Wrap, Ong inglese che ha contribuito alla realizzazione del report. “Questo aspetto è fondamentale per garantire che il cibo sfami le persone e non le discariche.”
Servizio pubblicato su:
(foto di Joshua Hoehne su Unsplash)