Milioni di salmoni morti, accatastati in una fossa comune, come in una discarica, per essere sepolti. È questo il volto “invisibile” degli allevamenti di salmone in Scozia, denunciato nei giorni scorsi da due distinte inchieste internazionali.

“I dati indicano che tra i 4,4 e gli 8,9 milioni di salmoni sono stati inceneriti, sepolti o mandati in discarica nel 2020”, ha rivelato un’inchiesta pubblicata nei giorni scorsi dall’organo di informazione scozzese The Ferret. Un vero e proprio scandalo, a cui oggi si somma un report lanciato dalle organizzazioni non governative Compassion in World Farming (CIWF) e OneKind, che denunciano “gravissime violazioni del benessere animale” nella quasi totalità degli allevamenti scozzesi, collegate alla morte prematura di ingenti quantità di salmoni.

Un’industria in espansione. Negli ultimi 10 anni l’allevamento di salmoni in Scozia ha vissuto un’epoca d’oro, con un tassi di crescita fino al 41 per cento. Nel 2019 il Paese ha prodotto quasi 200 mila tonnellate di salmone atlantico, destinato per lo più all’esportazione, e ambisce a raddoppiare la produzione entro il 2030.

A sostenere questa crescita dell’industria hanno contribuito anche milioni di euro di finanziamenti europei, elargiti nell’ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. La Commissione Europea considera infatti lo sviluppo dell’acquacoltura un elemento chiave della cosiddetta Blue Economy e del Green Deal.

Tra il 2014 e il 2020 gli allevatori scozzesi hanno ricevuto 23 milioni di euro, tra fondi nazionali e europei, secondo quanto riferito dalle autorità scozzesi.

Allevamenti malati. Secondo l’inchiesta di The Ferret “il tasso di mortalità dei salmoni allevati in Scozia è quadruplicato negli ultimi due decenni”. “Il 45 per cento dei pesci morti finiscono in fosse comuni, sono inceneriti, o vanno in discarica come spazzatura”, rivelano gli investigatori.

All’inchiesta, l’industria scozzese del salmone ha risposto che le carcasse “sono gestite nel pieno rispetto delle normative del governo scozzese” e che si sta impegnando per attivare forme di “economia circolare” intorno a questa grande quantità di materiale organico gettato in discarica.

Numeri così alti di salmoni morti prematuramente dipendono dal proliferare di parassiti e malattie negli allevamenti intensivi dei “loch” scozzesi. Tra le malattie di cui possono soffrire i salmoni possiamo elencare la malattia nodulare branchiale (AGD), l’anemia infettiva del salmone (ISA), la cardiomiopatia (CMS) e la pancreatite (PD). Secondi i dati pubblicati nel 2020 dal Fish Health Inspectorate il 64 per cento dei casi di morte registrati nel 2019 dipendono dalle malattie e dai trattamenti sanitari effettuati.

“Sono proprio le condizioni di vita nelle gabbie e l’assenza di garanzie del benessere di questi salmoni a creare un terreno fertile per la proliferazione di malattie e parassiti”, afferma Ciwf nel suo report. Investigatori sotto copertura dell’ong negli ultimi mesi hanno indagato le condizioni di vita dei salmoni in 22 allevamenti dei principali produttori scozzesi, tra cui Mowi Scotland, Scottish Salmon Company, Scottish Sea Farms, Grieg Seafoods, concentrandosi nella costa occidentale della Scozia, in particolare l’isola di Skye e le isole Shetland.

Al termine della loro indagine, gli investigatori hanno denunciato “gravissime violazioni del benessere animale”. “In ciascuno stabilimento è stata riscontrata la presenza di malattie e pidocchi di mare, con un impatto drammatico sulla qualità di vita dei salmoni”, scrivono nel report.

I pidocchi di mare sono parassiti che si cibano delle squame, del sangue e del muco di pesci come il salmone. La proliferazione di questi organismi negli allevamenti di salmone atlantico è stata ripetutamente denunciata da diverse inchieste giornalistiche e di gruppi ambientalisti negli ultimi anni.

“La presenza di pidocchi di mare è indubbiamente causa di dolore e debilitazione per i salmoni, che rinchiusi nelle anguste gabbie sottomarine non hanno alcuna via di scampo da questo parassita”, scrivono gli investigatori di Ciwf. “Trattamenti anti-pidocchi adottati negli allevamenti sono un’ulteriore causa di dolore e perfino di morte dei salmoni: molti di questi, come i bagni chimici con sostanze irritanti o l’utilizzo di acqua a temperature elevate (trattamenti ‘thermolicer’), espongono i pesci a condizioni debilitanti o dolorose”.

Allevamenti chimici. Secondo quanto rivelato dall’agenzia scozzese per la protezione dell’ambiente (Sepa), in Scozia le autorità autorizzano l’utilizzo di 16 principi attivi chimici all’interno degli allevamenti. Tra questi sei sono antibiotici, cinque sono ectoparassiticidi, due antifungini e tre sono anestetici.

L’organizzazione dei produttori scozzesi di salmoni si difende affermando che “la spesa in farmaci da parte del settore scozzese del salmone è scesa del 47 per cento tra il 2015 e il 2018, e la tendenza continua”.

“Dobbiamo poi sottolineare che tutti i farmaci e i prodotti che possiamo usare sono approvati” dalle autorità scozzesi “bilanciando il benessere degli animali con la tutela dell’ambiente selvatico in cui sono allevati”, affermano i produttori.

Secondo le stime di Ciwf, almeno il 28,2 per cento dei salmoni messi in gabbia ogni anno muore durante la fase di allevamento.

Per questo l’ong chiede un’immediata moratoria all’ulteriore espansione degli allevamenti: “A un settore in cui un salmone su quattro non sopravvive al periodo di ingrasso non dovrebbe essere permesso di espandersi ulteriormente”, scrivono.

Questo servizio fa parte di una serie di articoli sull’acquacoltura in Europa realizzati con il supporto del programma europeo Journalismfund.eu e in collaborazione con la cooperativa di giornalismo investigativo scozzese The Ferret. Foto: Corin Smith. Immagini video: Ciwf

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