I membri della Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano (IOTC) non sono riusciti a raggiungere un accordo per limitare le catture di tonno pinna gialla, una specie dichiarata sovrasfruttata dal 2015 durante l’ultimo meeting, a maggio 2024
Il tonno pinna gialla rappresenta quasi un terzo delle catture di tonno nel mondo, ma questa specie è stata dichiarata sovrasfruttata sin dal 2015 nell’Oceano Indiano, e gli scienziati affermano che oggi verte “in condizioni critiche”. Tuttavia i paesi membri della Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano, l’organismo intergovernativo che regola la pesca del tonno e delle specie affini nella regione, non sono riusciti a raggiungere alcun accordo per ridurre le catture di pinna gialla (Thunnus albacares), in occasione dell’ultimo summit globale, che si è tenuto a Bangkok a maggio 2024.
I delegati presenti al meeting hanno tuttavia approvato dei piani di gestione per il tonnetto striato (Katsuwonus pelamis) e per il pesce spada (Spada di Xiphia), e hanno adottato alcune misure per tenere sotto controllo l’utilizzo dei criticati “dispositivi di aggregazione dei pesci”(FAD), strumenti ampiamente utilizzati dalle navi europee con reti a circuizione, che dominano la pesca di tonno nell’Oceano Indiano.
“L’UE accoglie con favore le importanti decisioni raggiunte durante la 28a riunione annuale della Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano (IOTC), che renderanno la pesca nell’Oceano Indiano più sostenibile”, ha affermato la Commissione europea in un comunicato stampa.
Anche le Maldive, la cui flotta cattura principalmente tonnetti striati e pinna gialla, hanno accolto con favore l’esito complessivo dell’incontro, elogiando “il duro lavoro” delle delegazioni di Sudafrica, Indonesia, Corea del Sud, UE, Pakistan, Mauritius e Seychelles, in particolare per far passare le misure che riguardano i FAD: “Le Maldive sono liete che, dopo anni di intensi negoziati e battute d’arresto, sia stata adottata una misura di gestione dei FAD alla deriva (dFAD),” ha scritto su X il Ministero della Pesca e delle Risorse Oceaniche delle Maldive alla conclusione dell’incontro.
Gli osservatori di alcune ONG ambientaliste hanno commentato con meno entusiasmo l’esito del summit, sottolineando che le misure adottate sono prive di ambizione e piene di compromessi.
“Ci sono stati dei progressi”, ha detto a Mongabay Frédéric Le Manach, direttore scientifico dell’organizzazione Bloom, con sede in Francia. “Ma ci sono state molte carenze, e anche le proposte approvate sono gravemente diluite”.
L’incontro annuale si è svolto a Bangkok dal 13 al 17 maggio e ha coinvolto i delegati di 28 paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano o con interessi nella pesca del tonno, e delegati dell’Unione Europea.
Secondo i dati raccolti in uno studio del 2023, l’Oceano Indiano è la seconda regione produttrice di tonno a livello globale, con circa 920.000 tonnellate di sbarchi ogni anno, ovvero il 21% della produzione mondiale di tonno, per un valore stimato di 2,3 miliardi di dollari. Il tonno pinna gialla, il tonno obeso (Thunnus obesus), il tonnetto striato e il tonno bianco (Thunnus alalunga) sono le principali specie catturate.
Gli interessi opposti in gioco – il profitto, la sicurezza alimentare e la protezione della fauna marina – hanno creato molte aspettative attorno all’incontro, che ha preso in esame un numero record di 26 proposte – di cui ne sono state approvate 11.
Stallo sul tonno pinna gialla
La decisione di limitare la pesca del tonno pinna gialla era forse la più attesa dal summit. Una situazione di stallo su questo tema dura dal 2015, quando il comitato scientifico della IOTC ha dichiarato che la specie era sovrasfruttata nell’Oceano Indiano. Dal 2011, la IUCN ha iscritto il tonno pinna gialla nella lista rossa delle specie “quasi a rischio”.
Secondo le ultime stime del comitato scientifico dell’IOTC, nel 2022 le catture di pinna gialla nella regione hanno raggiunto 410.332 tonnellate, ben al di sopra dei limiti considerati sostenibili di 349.000 tonnellate. Nel 2020, il comitato scientifico ha sollecitato una riduzione del 20% delle catture, per dare alla popolazione di pinna gialla una probabilità del 50% di ricostituirsi entro il 2030, e nel 2023 ha affermato che, a causa del perdurare della pesca eccessiva, la riduzione necessaria “potrebbe ora essere maggiore”.
Eppure i membri dell’IOTC finora non sono riusciti a raggiungere un accordo efficace per ridurre le catture. “È davvero deplorevole che non ci sia stato alcun progresso”, ha detto a Mongabay Kerrie Robertson, responsabile della difesa della Global Tuna Alliance, pochi minuti dopo il temine dell’incontro.
La Global Tuna Alliance è un gruppo indipendente di rivenditori e distributori, tra cui Aldi, Sainsbury’s e Tesco, che chiedono una pesca del tonno più sostenibile. In una lettera pubblicata prima del vertice, il gruppo ha chiesto ai membri dell’IOTC di “raddoppiare gli sforzi” per raggiungere un accordo sulla riduzione delle catture di pinna gialla, sostenendo un taglio del 30% rispetto ai livelli del 2020, “in linea con i pareri scientifici”.
“Anche se sono tutti d’accordo, non sono d’accordo su chi dovrebbe farsi carico dell’onere di tale riduzione”, ha detto Robertson. Un punto chiave del contendere è come ripartire l’eventuale riduzione delle catture tra gli stati costieri, per lo più a basso reddito, e i ricchi paesi europei le cui flotte operano lontano da casa.
L’Europêche Tuna Groupe, l’organismo che rappresenta l’industria europea della pesca del tonno, che storicamente cattura la maggior parte del pinna gialla nell’Oceano Indiano, ha scritto in un documento pubblicato prima dell’incontro che “alcune flotte, e essenzialmente i pescherecci con reti a circuizione dell’UE, non possono continuare a sopportare il peso dell’aumento drammatico e incontrollato delle catture di altre flotte”. L’affermazione si riferisce all’incremento delle catture effettuate negli ultimi anni da alcuni paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano, come le Maldive. La coalizione delle navi UE critica anche l’Indonesia, il Madagascar, l’Oman, l’Iran, l’India e la Somalia per la violazione dei limiti di cattura dei pinna gialla stabiliti da un piano provvisorio approvato nel 2021.
In termini di singoli paesi, secondo il comitato scientifico dell’IOTC, tra il 2018 e il 2022 la maggior parte delle catture di tonno pinna gialla è stata effettuata da navi battenti bandiera dell’Oman (13,2%), seguite da Iran (11,5%) e Spagna (10,2%).
Quest’anno l’IOTC ha discusso un un piano di ripristino degli stock di pinna gialla proposto da Pakistan, Sud Africa e Iran. Il piano prevedeva dei limiti di cattura per paese, calcolati per ridurre le catture complessive del 30% rispetto ai livelli del 2020. La proposta esortava tutti i membri dell’IOTC ad “adottare tutte le misure necessarie per garantire che le loro catture di tonno pinna gialla non superassero” i limiti, considerando dei programmi di monitoraggio per verificare il comportamento di tutti i Paesi.
I delegati non hanno approvato la proposta, ma hanno concordato di convocare una sessione speciale dell’IOTC dedicata al tonno pinna gialla nel 2025.
“Il mercato sta diventando sempre più nervoso per il pinna gialla e sta esercitando pressioni sull’IOTC”, ha affermato Robertson. I rivenditori sono preoccupati per i danni alla reputazione derivanti dalle vendite di prodotti a base di tonno etichettati come sostenibili, considerando che il prossimo anno segnerà 10 anni da quando l’IOTC ha dichiarato che questa specie è sovrasfruttata, ha detto.
Per quanto riguarda la regolamentazione della pesca di altre specie, tuttavia, la riunione dell’IOTC ha fatto alcuni progressi. In particolare i Paesi membri hanno approvato dei piani di gestione per regolare e prevedere delle quote di cattura per il tonnetto striato e il pesce spada – entrambe specie che non sono al momento considerate sovrasfruttate.
Una proposta presentata dalle Maldive e dal Pakistan per ridurre e monitorare le catture accidentali di squali è stata invece ritirata durante il dibattito. Secondo alcuni osservatori, i delegati della Spagna (all’interno della delegazione dell’UE) e del Giappone si sono opposti a questo piano.
Progressi controversi sui FAD
I problemi della pesca eccessiva del pinna gialla e della cattura accidentale di specie non bersaglio come gli squali sono collegati con il dibattito molto polarizzato sull’uso dei FAD, dispositivi galleggianti utilizzati per attirare tonni e altri pesci e facilitarne la cattura. I FAD sono criticati per diversi motivi: catturano numeri elevati di tonni troppo giovani, compromettendo quindi le possibilità di recupero della popolazione; rendono più frequenti le catture accidentali; inquinano l’oceano con grandi quantità di materiali plastici abbandonati.
Tra le varie ONG che sollecitano l’IOTC a frenare l’uso dei FAD, l’organizzazione Bloom ha presentato una dichiarazione chiedendo ai delegati di procedere verso un divieto totale dei FAD alla deriva (dFAD), ovvero di FAD che si muovono nel mare senza essere ancorati al fondale marino. “La pesca di tonno e il settore sopravviverebbero al divieto dei FAD alla deriva, e ne trarrebbero grandi e rapidi benefici”, grazie al ripristino degli stock, afferma l’organizzazione.
Secondo le stime dell’IOTC, ogni anno sono messi alla deriva nell’Oceano Indiano in media 13.600 FAD. Secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2022, “più del 40% dei dFAD alla fine si sono allontanati dalle zone di pesca”, finendo dispersi o abbandonati. Mongabay in passato ha scritto dell’impatto di questi dispositivi, in gran parte di plastica, sulla biodiversità e sulle barriere coralline delle isole Seychelles.
Bloom calcola che circa il 94% delle catture effettuate con i FAD sono riconducibili alla flotta europea. L’associazione dell’industria europea Europêche sostiene di contro che è “ingiusto chiedere ai pescherecci con reti a circuizione di compiere ulteriori sforzi, inclusa la riduzione del numero di FAD”. La flotta europea chiede invece di “accelerare la ricerca sulla biodegradabilità dei FAD” per affrontare il problema dell’inquinamento.
La riunione dell’IOTC a Bangkok ha esaminato e approvato negli ultimi minuti dell’ultima giornata due proposte sui FAD. Una proposta presentata dall’UE e dalle Seychelles (la cui flotta di navi che pescano tonno è in gran parte di proprietà di aziende spagnole e francesi) chiede azioni per rendere i FAD biodegradabili entro il 2030. Un’altra proposta, presentata dall’UE, prescrive una riduzione del numero di FAD consentiti per ciascuna nave, dagli attuali 300 a 250 nel 2026 e 225 nel 2028, e la creazione di un registro dei FAD, per monitorare l’uso e la posizione dei FAD contrassegnati elettronicamente, e ridurre i dispositivi che si perdono in mare. Il registro, gestito dall’IOTC, sarebbe accessibile solo ai paesi membri, con l’approvazione del Paese sotto la cui bandiera naviga ciascuna nave.
Le Manach di Bloom ha affermato che il registro FAD è un “primo passo” positivo, ma la risoluzione adottata durante la riunione è una versione diluita di una proposta respinta nel 2023, che prevedeva anche un periodo di chiusura temporanea per l’utilizzo dei dFAD. “Nella risoluzione approvata non si parla di più di questa chiusura, l’Ue ha fatto di tutto per eliminare questo aspetto”, ha detto.
Navi invisibili e carenza di controlli
Diverse proposte discusse al summit chiedevano un sistema più efficace di monitoraggio e controllo dell’attività delle flotte nell’Oceano Indiano.
All’inizio di maggio, la ONG Blue Marine Foundation con sede nel Regno Unito ha pubblicato un rapporto accusando le flotte legate all’UE di “spegnere i loro sistemi di localizzazione satellitare per lunghi periodi di tempo, spesso in aree dove sono stati segnalati i livelli più alti di catture di tonno”.
“In evidente violazione di numerose leggi comunitarie, nazionali e internazionali, più di tre quarti delle navi che abbiamo osservato sono rimaste inattive per più di un mese alla volta, una di esse ha operato senza il sistema di identificazione automatica (AIS) acceso per oltre 100 giorni di fila”, afferma il rapporto.
L’IOTC ha discusso una proposta per un programma di ispezioni in alto mare (HSBI), che stabiliva delle procedure per permettere che degli ispettori autorizzati dei Paesi membri potessero salire sulle navi da pesca per verificarne l’operato. Altre proposte miravano a rendere più efficaci i sistemi di monitoraggio delle navi via satellite (VMS) e a consentire all’IOTC una visione costante dell’attività della flotta nella regione. I delegati al summit hanno discusso anche una proposta della Somalia per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU).
“Si stima che ogni anno in Somalia si perdano 300 milioni di dollari” a causa della pesca illegale, “che danneggia le risorse marine locali, incide sui mezzi di sussistenza dei pescatori locali e distoglie fondi dallo sviluppo economico della Somalia”, ha affermato su X Garad Qowqabo, ministro della Pesca e delle risorse marine dello Stato di Galmudug in Somalia.
Nessuna di queste proposte per migliorare la trasparenza è stata però approvata dai membri dell’IOTC.
“Lungi dal migliorare la trasparenza e il tracciamento delle navi, l’Oceano Indiano sta diventando sempre più opaco”, ha detto a Mongabay Jess Rattle, responsabile delle indagini della Blue Marine Foundation, dopo l’incontro.
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(foto: James Thornton on Unsplash)