Dalla Germania agli Usa, negli impianti di lavorazione della carne scoppiano focolai. Nel nostro Paese una filiera poco trasparente rende invece impossibile capire cosa succede davvero.

 

I macelli in Italia hanno avuto un ruolo determinante nel favorire la diffusione del Covid19, come è accaduto nel resto del mondo? Negli ultimi mesi una lunghissima serie di focolai, a volte con centinaia di casi positivi, è emersa nei mattatoi e negli impianti di lavorazione carne negli Stati Uniti, in Europa e in molti altri Paesi, in particolare Brasile, Argentina, Canada e Australia. Nello stesso periodo in Italia non sono stati riportati focolai, ad eccezione di un caso isolato di un macello in Puglia. Quello che non è chiaro è se questa distinzione virtuosa del nostro Paese è da ricollegare a migliori condizioni di lavoro o a una minore trasparenza e disponibilità dei dati, in particolare perché, a differenza di altri Paesi, negli impianti italiani non sono stati fatti tamponi sistematici, neanche in presenza di piccoli focolai.

 

Sommario

L’articolo pubblicato su L’Espresso analizza per la prima volta in modo approfondito cosa è successo nei macelli Italiani, e per quale motivo non sono emersi focolai negli impianti del nostro Paese, ad eccezione di un focolaio in un macello in Puglia. I punti principali del servizio sono:

  • In Europa a inizio giugno si contavano 2.670 contagi tra i dipendenti dei macelli e degli impianti di lavorazione carne, a cui si aggiungono altri 1.300 casi scovati in un singolo focolaio in un impianto tedesco alla fine del mese.
  • Negli Stati Uniti a inizio giugno si contavano oltre 20 mila casi di contagio tra i dipendenti dei macelli e degli impianti di lavorazione carni.
  • Nei focolai emersi in Europa, la maggior parte dei dipendenti era asintomatica: i focolai sono emersi soltanto dopo una campagna di tamponi, effettuati dalle aziende e dalle autorità sanitarie su tutti i dipendenti dopo alcuni casi riscontrati di positività.
  • In Italia l’unico focolaio emerso fino a giugno è in Puglia, a Palo del Colle. Il macello è anche l’unico dove, fino ad allora, sono stati fatti tamponi a tutti i dipendenti dopo aver riscontrato alcuni casi isolati di positività.
  • Nei principali macelli d’Italia, di cui il più grande bovino si trova ai margini della prima zona rossa di Codogno, non sono stati effettuati tamponi a tappeto ai dipendenti, neanche quando sono emersi diversi casi isolati di lavoratori positivi al Covid.
  • Nei primi mesi dell’epidemia molti macelli hanno intensificato la produzione, imponendo gli straordinari obbligatori a tutti i dipendenti o assumendo nuova manodopera.
  • Alla fine di giugno sono emersi altri due focolai in due impianti in provincia di Mantova, rilevarti grazie a una campagna di tamponi effettuati su tutti i dipendenti.

 

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