Se da anni è oramai appurato che i pesci, come tutti gli animali, provano dolore, continua il dibattito sulla loro tutela negli allevamenti. A che punto siamo in Europa

 

I pesci sono in grado di provare dolore come tutti gli altri animali? La domanda, dalla risposta apparentemente ovvia, da mesi è al centro di un dibattito a livello Europeo tra istituzioni, produttori e associazioni animaliste, per decidere fino a che punto tutelare i diritti di benessere animale anche per i pesci.

«Abbiamo una storia molto recente nell’osservare i pesci come animali e non come i ‘cereali dell’oceano’», afferma Joao Saraiva, etologo e ricercatore del Centro di Scienze Marine dell’università dell’Algarve, in Portogallo. «Infatti se pensiamo al modo in cui parliamo dei pesci, usiamo termini come ‘acquacoltura’ e ‘raccolto’: parole che appartengono più al mondo dell’agricoltura che a quello dell’allevamento». «Non li sentiamo gridare e non riconosciamo le espressioni di dolore e tendiamo a pensare che se non vediamo questi segnali è perché non ci sono affatto – continua Saraiva – Questo crea una certa distanza tra quello che sappiamo come scienziati di cosa provano i pesci e quello che pensa la gente».

I pesci sono le specie animali con il numero maggiore di esemplari allevati al mondo. Nel 2019 si stima che nel mondo siano stati allevati circa 80 miliardi di esemplari di pesci, anche se non esistono stime ufficiali, proprio perché -a differenza degli animali di terra- per i pesci si parla di “quintali”, “tonnellate” e “peso vivo”. Anche in Italia l’allevamento di pesci è molto diffuso, in particolare trote (in acqua dolce), spigole, orate, ma anche storioni, anguille e altre specie. Al numero di pesci allevati va aggiunto quello dei pesci selvatici pescati, che si aggira nel mondo tra i mille e i tremila miliardi di esemplari l’anno (stime Fishcount su dati FAO). Parte di questo pescato è destinato proprio ad alimentare gli allevamenti ittici di pesci carnivori come i salmoni, le spigole e le orate, il cui pasto è composto in prevalenza da farine di pesce.

Il dibattito europeo ruota intorno al riconoscimento dei pesci come esseri senzienti, quindi in grado di provare dolore e quindi alla tutela dei diritti di benessere animale: «Questi animali possono trascorrere fino a due anni confinati ad altissime densità in gabbie spoglie», sostiene l’associazione EssereAnimali, che insieme ad altri gruppi è protagonista della battaglia in Europa per il riconoscimento dei diritti dei pesci. «Il sovraffolmento è fonte di stress cronico per i pesci, deteriora la qualità dell’acqua e indebolisce il sistema immunitario degli animali», aggiunge l’associazione. I gruppi animalisti puntano i riflettori in particolare sui metodi di uccisione utilizzati per i pesci: «Ancora vivi, vengono scaricati in vasche con acqua e ghiaccio dove si feriscono nel tentativo di fuggire. Dopo pochi minuti, i pesci si immobilizzano, ma possono rimanere coscienti fino a 40 minuti prima di morire di asfissia», racconta EssereAnimali a proposito di alcuni allevamenti di orate in Grecia e in Italia.

Dall’altra parte della barricata, le associazioni di produttori temono che delle norme restrittive possano finire per rendere meno competitivo il settore, a fronte di importazioni da Paesi extra UE che già oggi rappresentano la maggior parte del mercato. «Importiamo da fuori Europa più del 70 per cento del prodotto ittico», afferma Pier Antonio Salvador, presidente dell’Associazione dei piscicoltori italiani (Api) e esponente della federazione europea di produttori. «Questo perché burocraticamente l’acquacoltura è massacrata”. Salvador precisa che “questo non vuol dire che possiamo maltrattare il pesce».

L’Italia è ai primi posti in Europa per il consumo medio pro capite di pesce (31,02 kg l’anno, contro una media europea di 24,36 kg l’anno, dati 2018). Circa il 92 per cento delle orate consumate in Italia proviene da un allevamento (stime Api). Di queste, il 30 per cento viene prodotto negli allevamenti italiani, mentre il restante 70 per cento è di importazione, in particolare da Grecia e Turchia.

 

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