Solo ad agosto persi 1.606 km quadrati secondo un osservatorio indipendente. Governo e agenzie statali negano

 

Ad agosto 2021 sono stati deforestati 1.606 km quadrati di foresta Amazzonica in Brasile, il dato più alto degli ultimi 10 anni, con un aumento del 7 per cento rispetto allo stesso mese 2020, secondo quanto riferito dall’ultimo bollettino sulla deforestazione diffuso lunedì dall’istituto di ricerca brasiliano Imazon. I dati dell’ente di ricerca indipendente confermano il 2021 come terzo anno di fila in cui si registrano record di deforestazione in Brasile: 7.715 km quadrati andati in fumo da gennaio ad agosto (record negativo dal 2012) e oltre 10mila chilometri quadrati deforestati nell’Amazzonia Brasiliana nell’ultimo anno (da agosto 2020 a luglio 2021 – record negativo dal 2008).

“Ad agosto 2021 il sistema di monitoraggio SAD ha rilevato 1.606 chilometri quadrati deforestati in Amazzonia brasiliana, con un aumento del 7 per cento rispetto ad agosto 2020, quando la superficie deforestata fu pari a 1.499 chilometri quadrati”, scrivono i ricercatori Imazon. “La deforestazione si è concentrata negli Stati del Pará (40%), Amazonas (26%), Acre (15%), Rondônia (10%) e Mato Grosso (9%)”.

Secondo i dati ufficiali, negli ultimi due anni l’Amazzonia aveva già segnato record di deforestazione, con 10,7 mila km quadrati andati in fumo nei 12 mesi del 2019 e 10,3 mila km quadrati nel 2020. “Se vogliamo evitare che il 2021 diventi l’anno con la maggiore superficie deforestata degli ultimi 10 anni, dobbiamo adottare urgentemente delle misure di contrasto che funzionino”, ha commentato il ricercatore di Imazon Antônio Fonseca.

Una guerra di dati

I nuovi dati di fonte indipendente gettano ombre sull’attendibilità dei più recenti dati ufficiali, diffusi 10 giorni fa dal governo brasiliano e dall’agenzia spaziale brasiliana Inpe, che parlavano di un presunto calo della deforestazione del 32 per cento ad agosto 2021 rispetto a un anno prima. Il sistema di monitoraggio mensile di Inpe a agosto 2021 ha rilevato 918 km² andati in fumo ad agosto nel 2021, contro i 1.359 rilevati nel 2020.

“Stiamo lavorando con la Guardia nazionale e la polizia federale, a cui diamo tutto il nostro appoggio per combattere il crimine organizzato”, aveva detto il Ministro per l’ambiente del governo bolsonaro Joaquim Leite. “Da quando ho preso le redini del Ministero, viaggio ogni settimana in Amazzonia per monitorare da vicino le operazioni di controllo”.

Storicamente le rivelazioni dei sistemi di monitoraggio dell’osservatorio indipendente Imazon e dell’agenzia spaziale brasiliana Inpe, entrambi basati sull’analisi delle immagini satellitari, hanno registrato risultati comparabili, se non sovrapponibili, per descrivere la deforestazione in Amazzonia. Al contrario, negli ultimi anni i dati hanno mostrato uno scarto considerevole, in particolare nei bollettini mensili di Inpe, che hanno riportato stime sempre inferiori, poi puntualmente corrette al rialzo dalla stessa agenzia nei suoi rapporti annuali.

“Conosco i ricercatori che lavorano ai dati del sistema SAD di Imazon”, ci dice Ane Alencar, analista dell’Istituto di ricerca ambientale dell’Amazzonia (Ipam). “I loro risultati sono molto precisi, rispecchiano quello che succede, e infatti in genere troviamo cifre simili nei report annuali dell’Inpe”.

La (forte) discrepanza tra i dati indipendenti sulla deforestazione in Amazzonia e quelli governativi potrebbe dipendere dalla differenza di metodo usato per fare le rivelazioni, meno preciso per i bollettini mensili dell’agenzia spaziale Inpe rispetto ai report annuali della stessa agenzia. Nell’ipotesi peggiore, al contrario, un discostamento così evidente potrebbe essere legato alla pressione internazionale che sta subendo il Governo del presidente Brasiliano Jair Bolsonaro, che dovrà presentarsi al prossimo summit sul clima di Glasgow, a novembre 2021, con qualche risultato da mostrare alla comunità internazionale sul tema della distruzione di uno degli ultimi polmoni del Pianeta.

Ad agosto 2019 il presidente Bolsonaro licenziò l’allora direttore dell’agenzia spaziale Inpe Ricardo Galvão, proprio a causa dei dati che l’agenzia pubblicava sulla deforestazione. Bolsonaro accusò Galvão di essere “al servizio di qualche Ong” per i dati negativi che l’agenzia pubblicava sulla situazione in Amazzonia. Ad aprile 2021, durante l’ultimo Earth Day, Bolsonaro si è impegnato con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden a contrastare fortemente la deforestazione, per “raggiungere la neutralità climatica entro il 2050”.

In ogni caso, anche prendendo per buoni i dati governativi, i livelli di deforestazione dell’Amazzonia Brasiliana nel 2021 sono comunque di gran lunga superiori a quelli dell’epoca pre Bolsonaro, e non si discostano molto, nel complesso, da quelli degli ultimi due anni. “Se guardiamo ai dati dell’agenzia spaziale Inpe, mostrano un rallentamento nel mese di agosto, ma i numeri complessivi del 2021 sono ancora molto alti e simili a quelli del 2020”, afferma Ane Alencar di Ipam.

La legge per il land grabbing

La pressione internazionale è dovuta ai tassi di deforestazione in Brasile, che negli ultimi anni sono impennati in Amazzonia, ma anche nel Cerrado e nel Pantanal. “Non è una coincidenza che i tre anni in cui la deforestazione in Amazzonia ha superato i 10mila chilometri quadrati annui siano stati tutti sotto il governo del Presidente Bolsonaro”, afferma Mark Normington, responsabile della comunicazione per Global Witness, Ong internazionale che si occupa di monitoraggio della deforestazione e dello sfruttamento delle risorse. “Da quando è entrato in carica nel 2019, il presidente brasiliano ha ridotto notevolmente le difese dell’Amazzonia”.

Dopo tre anni di pesanti tagli, in vista dell’appuntamento con il summit di Glasgow lo scorso 31 agosto 2021 il governo Bolsonaro ha annunciato investimenti in personale e equipaggiamento per intensificare i controlli da parte delle agenzie per l’ambiente brasiliane (Ibama e ICMBio). “Il ministero dell’Economia ci ha autorizzato a ingaggiare 700 nuove unità per i controlli di Ibama e di ICMbio”, ha detto il Ministro per l’ambiente Joaquim Leite.

Poche settimane prima però, il 3 agosto 2021, alla vigilia di una nuova stagione degli incendi, il parlamento ha approvato una proposta di legge governativa (PL2633/2020), presto ribattezzata “legge pro land grabbing”, che offre una sorta di condono per tutti quelli che hanno deforestato e si sono appropriati illegalmente di terreni entro il 2012.

“Se il parlamento approva una mozione che rende legale ciò che fino a ieri era illegale, è un chiaro segnale di incoraggiamento per chi deforesta e si appropria delle terre, che può contare sul fatto che ci saranno nuovi condoni”, afferma Paulo Moutinho, direttore dell’Istituto di ricerca ambientale dell’Amazzonia (Ipam).

Crimine organizzato e deforestazione

“Fino ad oggi dietro a incendi e deforestazione c’erano allevatori e agricoltori, che pulivano i terreni dalla foresta per estendere i propri pascoli e le coltivazioni”, afferma Moutinho. “Oggi lo scenario è cambiato leggermente, protagonista dell’accaparramento delle terre è il crimine organizzato. Invadono i territori, prendono la terra, la incendiano e deforestano, ci mettono dei pascoli e poi si siedono ad aspettare che arrivi qualcuno a comprarla”.

Secondo Moutinho “in Brasile ci sono 60 milioni di ettari di foresta che si trovano su terreni pubblici dove non c’è nessun tipo di protezione. Qui si concentra buona parte della deforestazione”. “Già dal 2006 il parlamento ha approvato una legge per dare una destinazione a queste terre, come riserve naturali o aree protette, per evitare che vengano considerate terra di nessuno e vengano convertite in pascoli o agricoltura. Bisognerebbe solo applicare la legge”, continua Moutinho.

L’azione del governo bolsonaro in Amazzonia è sin dalla nascita esplicitamente schierata in favore degli interessi della “bancada ruralista”, la lobby brasiliana dell’agribusiness. Per questo, secondo Moutinho, “il governo Bolsonaro considera l’Amazzonia una terra per estendere la produzione, non una foresta. Questo ci sta portando indietro di 30 o 40 anni”.

“Una speranza per il futuro viene dal fatto che parte della stessa lobby agricola sta iniziando a capire che dobbiamo proteggere la foresta, perché è da lì che proviene la pioggia con cui possono irrigare i loro raccolti”, afferma Moutinho. Negli ultimi mesi le regioni agricole a sud dell’Amazzonia sono state colpite da pesanti siccità: “Considerando le crisi idriche, sarebbe molto difficile immaginare di mantenere la stessa produttività agricola con l’irrigazione artificiale”, ha detto Moutinho.

Impennata delle esportazioni

Secondo diversi studi, in Brasile i pascoli e le coltivazioni di soia sono responsabili da sole di almeno il 70 per cento della deforestazione. Uno degli aspetti più preoccupanti dell’attuale scenario è che l’’avanzata di queste produzioni è sostenuta da una domanda sempre maggiore di materie prime da oltre oceano: negli ultimi tre anni, insieme con la deforestazione, è aumentata fortemente la quantità di soia esportata dal Brasile, in particolare verso Cina e Europa.

Nel 2020 gli stati dell’Unione Europea hanno importato complessivamente dal Brasile soia e farine di soia per un valore di 2,5 miliardi di euro, in netto aumento rispetto agli 1,5 miliardi del 2019 e agli 1,7 del 2018 (dati Eurostat). Ancora più impattante l’impennata della domanda Cinese, legata alla richiesta di mangimi di un industria zootecnica in fortissima espansione. Nel 2020 la Cina ha importato 24,9 milioni di dollari di semi di soia dal Brasile, con un aumento del 21,8 per cento rispetto all’anno precedente (dati Tridge).

 

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